VALERIJ BRUMEL, DICK FOSBURY E LA SFIDA ALLA FORZA DI GRAVITA’

Valerij Brumel massimo interprete del salto ventrale

 

Il 20 ottobre del 1968 un allampanato ragazzo dell’Oregon si presenta alla finale del salto in alto ai Giochi Olimpici di Città del Messico e invece di prendere la solita rincorsa rettilinea propedeutica allo stacco per il classico salto “ventrale” compie una traiettoria curvilinea che lo porta a superare di schiena l’asticella posta a m. 2,24 facendogli vincere la medaglia d’oro. Quell’atleta si chiama Dick Fosbury e grazie a quel salto inizia una nuova era per questa disciplina sportiva. La nuova tecnica di salto “dorsale”, subito denominata “Fosbury flop”, studiata nei laboratori di biomeccanica dell’Univeristà dell’Oregon e “secretata” fino alla sua applicazione alle Olimpiadi, coesisterà per i successivi anni insieme a quella  classica del “ventrale”, ma già alla fine degli anni 70 diventerà la tecnica dominante, quella che consentirà di far letteralmente decollare la specialità, fino ad arrivare allo stratosferico 2,45 del cubano Javier Sotomayor che ancora oggi costituisce il record mondiale del salto in alto.

Valerij Brumel a Tokyo 1964

 

Quella sera del 1968 siamo ancora ben lontani da questi livelli, anzi, il 2,24 di Fosbury, pur essendo una misura di grande livello, è al di sotto di ben 4 cm dal record mondiale dell’epoca, stabilito con la tecnica del salto ventrale dal sovietico “siberiano” Valerij Nikolaevic Brumel che dal suo esordio sui campi di gara lo ha ritoccato per ben sei volte. Valerij è il mito vivente del salto in alto: a Roma nel 1960 è arrivato secondo dietro l’americano John Thomas, mentre quattro anni dopo a Tokyo si prende la rivincita battendolo in finale grazie al minor numero di errori.  A completare il podio della gara c’è un altro americano: la medaglia di bronzo John Rambo !

Dick Fosbury. Città del Messico 1968

 

Valerij  a Città del Messico non c’è perché la sera del 4 ottobre 1965 il Fato gli presenta il conto sotto forma di incidente motociclistico. Quella sera mentre percorre le strade di Mosca su una moto guidata da una sua amica, una caduta rovinosa terminata contro un albero, interrompe la vita agonistica di “Lord Brumel” come nel frattempo è stato ribattezzato dalla stampa mondiale. La gamba destra, l’arma vincente del siberiano volante, è andata e a nulla serviranno gli interventi chirurgici che tentano di restituirne la piena funzionalità. Brumel, dopo qualche anno, tornerà alle gare, ma le misure non saranno più quelle di un tempo, la sua stessa esistenza si incammina in una triste parabola discendente che terminerà dopo una lunga malattia il 26 gennaio 2003, a poco più di 60 anni di età.  Il 2.28 stabilito a Mosca il 21 luglio del 1963 resterà ancora per molti anni il primato mondiale di specialità. Resta il rimpianto di non aver potuto vedere sul campo di gara il confronto tra un grande campione e un grande innovatore, tra una tecnica elegante, bella a vedersi e di estrema difficoltà tecnica e una nuova espressione sportiva più dinamica e muscolare, messa a punto da ricercatori universitari di bioingegneria e in grado di dare al salto in alto almeno 15 cm in più nei decenni successivi. Dick Fosbury, dopo l’exploit di Città del Messico, si ritira dalle competizioni e nel 1972 lo stile “ventrale” si prende la sua rivincita con il sovietico di origine estone Jüri Tarmak che alle Olimpiadi di Monaco vince la medaglia d’oro con la misura di 2.23 . L’ultimo record mondiale realizzato con lo stile ventrale è stato il 2.35 (indoor) del sovietico Volodymyr Jaščenko e se consideriamo che l’ultima medaglia d’oro olimpica è stata conquistata utilizzando la tecnica dorsale, con soli 2 cm in più, è proprio il caso di dire che è stata ed è ancora una misura di tutto rispetto.