DAGLI APPENNINI ALLE ANDE. GLI ITALIANI D’ARAUCANIA CELEBRANO LE PROPRIE RADICI

TRA IL 1904 E IL 1905 80 FAMIGLIE CONTADINE PARTONO DALL’APPENNINO MODENESE PER INIZIARE UNA NUOVA VITA NEL SUD DEL CILE. UN SECOLO DOPO 2000 DISCENDENTI RICORDANO IL LORO ARRIVO  A CAPITAN PASTENE CON LA “SAGRA CARRETADA” .

di Francesco Cecconi

La Sagra Carretada di Capitan Pastene

 

Il 12 dicembre 1904 il vapore “Oruba” appartenente alla “Pacific Steam Navigation Company” attracca nel porto cileno di Talcahuano. Il naviglio proviene dal porto francese di Pallice Rochelle ma i passeggeri sono italiani, si tratta di 23 famiglie provenienti in gran parte dall’Appennino modenese e hanno affrontato un viaggio lungo e scomodo per sfuggire a una condizione di miseria atavica che attanaglia quelle e tante altre terre del giovane Stato unitario che stenta a dare una vita decorosa a tanti suoi cittadini.

Dal porto di arrivo i migranti compiono un altro scomodo viaggio verso l’interno del paese. Una tratta in treno e un’altra su carri trainati da buoi. La loro destinazione è la località di Lumaco nella regione dell’Araucanìa, territorio dell’etnia Mapuche che fino a non molto tempo prima ha condotto una strenua resistenza, non dissimile da quella dei nativi nord americani, contro il governo di Santiago. I migranti modenesi si accorgeranno ben presto che la loro condizione non è migliorata di molto rispetto a quella che hanno lasciato sull’appennino. La qualità dei terreni non è elevata e anche l’estensione delle assegnazioni si rivelerà inferiore al pattuito. Anche le dotazioni di strumenti e animali sono inferiori alle attese. Già nel 1905 i contadini modenesi sottoscrivono e inviano una lettera di protesta alla Società dei F.lli Ricci, promotrice d questa impresa. Alla difficile situazione logistica e ambientale si aggiunge anche il divieto di frequentare e fraternizzare con la popolazione Mapuche. Una situazione di vero e proprio apartheid fatto rispettare con solerzia dalla locale gendarmeria.  

La Chiesa di San Filippo Neri

 

Una situazione non dissimile a tante altre per la diaspora italiana nel il nuovo mondo che iniziata alla fine degli anni 70 dell’800  proseguirà senza sosta fino allo scoppio della grande guerra. Stati Uniti, Brasile e Argentina sono le destinazioni più comuni dei migranti, ma anche altri Stati, con vasti territori e scarsa popolazione, sono all’affannosa ricerca di braccia che contribuiscano al loro sviluppo economico. Uno di questi Stati è il Cile che si affida al solito metodo dell’intermediazione per importare manodopera. Non è una missione nemmeno troppo difficile: nella vecchia Europa, ciclicamente colpita da spaventose crisi economiche, sono tanti quelli che non avendo più nulla da perdere decidono di tagliare per sempre i ponti con il proprio passato e la propria terra.

Gli intermediatori sono generalmente al servizio di grandi compagnie interessate allo sfruttamento di vaste aree del continente latino americano e raramente le loro mirabolanti promesse rispondono al vero. In Italia però la fame è tanta e l’anno successivo altre 62 famiglie partono da Pavullo, Zocca, Montese e Guglia e raggiungono quelle che le hanno precedute. Inizia così l’avventura della colonia “Nuova Italia”. A inaugurarla nel 1907 sarà il Presidente cileno Pedro Montt. A prezzo di un duro lavoro la colonia inizia a dotarsi delle normali strutture di interesse pubblico: scuola, chiesa, una casa municipale. Intorno a questo nucleo inizia lo sviluppo della colonia che ben presto cambierà anche nome venendo intitolata al capitano genovese Giovan Battista Pastene, un marinaio che nel XVI secolo, agli ordini di Pedro de Valdivia, aveva esplorato le coste di quella regione.

Festa in strada

 

A dispetto delle difficili condizioni di partenza, a oltre un secolo di distanza dal primo insediamento, il duro lavoro degli italiani di Capitan Pastene ha dato i suoi frutti. I nipoti dei primi coloni sono perfettamente integrati nella realtà locale e l’agricoltura non costituisce più la principale voce economica della città, sostituita dal turismo, dal commercio e dall’enogastronomia di qualità, che non ha nulla da invidiare a quella della madre patria. I discendenti dei primi coloni   mantengono inalterato l’orgoglio delle proprie origini attraverso numerose iniziative culturali, gemellaggi con la provincia di Modena e le località di provenienza.

Italiani d’Araucanìa

 

Le radici italiane vengono celebrate annualmente nella “Sagra Carretada” che ricorda l’arrivo degli italiani nel 1904-1905. Dopo la pandemia la Sagra di quest’anno, che si è svolta alcuni giorni fa, ha visto nuovamente una grande partecipazione popolare. Piazza Verdi, Via Garibaldi e Via Mazzini e la chiesa dedicata a San Filippo Neri,  si sono riempite di gente in festa e di colori. La bandiera italiana e quella cilena sono sfilate insieme nelle strade di questo borgo che ha dato una nuova vita a tanti nostri connazionali. Lo stesso Ambasciatore italiano a Santiago del Cile dott. Mauro Batocchi, in occasione della “Sagra Carretada”, ha rivolto un indirizzo di saluto agli italiani di Capitan Pastene sottolineando ancora una volta il loro legame inscindibile con la madre patria.

Mi corre l’obbligo di un sentito ringraziamento all’amico Marco Macalusso Nunez che mi ha fornito idee, informazioni e fotografie su questo spicchio di Italia che si trova a 800 Km a sud di Santiago del Cile.