LA CHIESA DI LEONE XIV ALLE PRESE CON LE STESSE ISTANZE AFFRONTATE DA PAPA PECCI E LA SUA RERUM NOVARUM

Leone XIII e Leone XIV

NEL 1891 UN PAPA PROVENIENTE DA CARPINETO ROMANO PASSA ALLA STORIA CON L’ENCICLICA “RERUM NOVARUM”. PIU’ DI UN SECOLO DOPO UN CARDINALE ORIGINARIO DELL’ILLINOIS VIENE ELETTO PAPA E ASSUME LO STESSO NOME: LEONE. TEMPI DIVERSI, PROBLEMI SIMILI, TRA SECOLARIZZAZIONE DELL’OCCIDENTE, PRECARIETA’ SOCIALE E DEL LAVORO CHE ANCORA INTERESSANO LARGHE FASCE DI POPOLAZIONE. 

di Francesco Cecconi

Il Cardinale originario di Chicago dalla doppia cittadinanza statunitense e peruana Robert Francis Prevost è il 267° Pontefice della bimillenaria storia della Chiesa cattolica. Ha scelto di chiamarsi Leone, nome scelto da altri suoi tredici predecessori a partire da San Leone Magno, il primo della serie, vissuto tra il quarto e il quinto secolo dopo cristo. L’ultimo a scegliere questo nome era stato nel 1878, il cardinale nato a Carpineto Romano, facente parte dell’allora diocesi di Anagni, Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, salito al soglio di Pietro dopo il lungo e controverso pontificato di Pio IX. Anche il suo fu un pontificato lungo, ben 25 anni, terminato con la sua morte avvenuta nel 1903.  Papa Pecci si trovò di fronte a una serie di sfide non indifferenti, a partire dalla “Questione romana”, ovvero il conflitto sorto tra Santa Sede e Stato Italiano dopo la conquista di Roma e la fine del potere temporale dei Papi avvenuta nel 1870.

2010 – Benedetto XVI a Carpineto Romano per ricordare Leone XIII e la Rerum Novarum (1)

Questione territoriale a parte, la Chiesa cattolica si trovò ad affrontare anche i rapidi cambiamenti sociali imposti da uno sviluppo industriale sempre più intenso che aveva portato alle prime forme di lotta di classe dirette dai movimenti di ispirazione socialista e di organizzazione sindacale dei lavoratori. Masse sempre crescenti di operai e contadini salariati si trovavano in condizioni materiali e sociali pessime, stretti come erano tra orari di lavoro massacranti e paghe di mera sussistenza. Non di rado scoppiavano rivolte e scioperi che preoccupavano non poco gli apparati statali, gli industriali, gli agrari e gli stessi vertici della chiesa cattolica a causa del proselitismo secolarizzante delle teorie socialiste, soprattutto quella di estrazione marxista che si era rapidamente imposta in quasi tutta Europa. La risposta della chiesa cattolica, con la firma di Leone XIII, si ebbe nel 1891 con l’enciclica RERUM NOVARUM che indicava una via di mezzo tra la bramosia di guadagno degli imprenditori e quelli che erano considerati eccessi rivoluzionari derivanti da scioperi e rivolte violente. In definitiva i padroni dovevano assumersi anche la responsabilità sociale del benessere dei propri dipendenti mentre questi ultimi dovevano darsi una “calmata” ed evitare di cadere tra  le braccia di quello che veniva considerato il pericolo socialista.

2010 – Benedetto XVI a Carpineto Romano per ricordare Leone XIII e la Rerum Novarum (2)

Fu l’avvio di quella che poi venne definita “Dottrina sociale della chiesa” richiamata nel 1991 dall’enciclica “Cenetsimus annus” di Giovanni Paolo II, mentre nel settembre 2010 fu lo stesso Benedetto XVI a commemorare l’enciclica del suo predecessore durante una visita pastorale a Carpineto Romano. Di questo evento vi riproponiamo due nostri video realizzati in quella occasione. La scelta di questo nome è stata generalmente  interpretata come un chiaro segno di come l’azione pastorale del nuovo pontefice voglia richiamarsi all’azione sociale della chiesa e gli stessi trascorsi pastorali di Leone XIV sono li a indicarlo. Il richiamo forte alla pace e alla costruzione di ponti sottolineati nel primo indirizzo di saluto sottolineano una sostanziale continuità con l’azione di Papa Francesco mitigata, a quanto pare dalle prime apparizioni pubbliche, da un approccio estetico più tradizionale.

Questi invece sono i due paragrafi introduttivi dell’enciclica RERUM NOVARUM. Chi fosse interessato alla versione integrale può invece accedere a questo COLLEGAMENTO

                          RERUM NOVARUM
LETTERA ENCICLICA DI
S.S. LEONE XIII
                                                                                             

Motivo dell’enciclica: la questione operaia

1. L’ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall’ordine politico passare nell’ordine simile dell’economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell’industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai; l’essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l’unione tra loro più intima; questo insieme di cose, con l’aggiunta dei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto. Il quale è di tale e tanta gravità che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e affatica l’ingegno dei dotti, i congressi dei sapienti, le assemblee popolari, le deliberazioni dei legislatori, i consigli dei principi, tanto che oggi non vi è questione che maggiormente interessi il mondo. Pertanto, venerabili fratelli, ciò che altre volte facemmo a bene della Chiesa e a comune salvezza con le nostre lettere encicliche sui Poteri pubblici, la Libertà umana, la Costituzione cristiana degli Stati, ed altri simili argomenti che ci parvero opportuni ad abbattere errori funesti, la medesima cosa crediamo di dover fare adesso per gli stessi motivi sulla questione operaia. Trattammo già questa materia, come ce ne venne l’occasione più di una volta: ma la coscienza dell’apostolico nostro ministero ci muove a trattarla ora, di proposito e in pieno, al fine di mettere in rilievo i principi con cui, secondo giustizia ed equità, si deve risolvere la questione. Questione difficile e pericolosa. Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perché uomini turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli.

2. Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un’usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.

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